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"Il fantastico è il linguaggio dell’io interiore.Non pretenderò altro per la narrativa fantastica che dire che la ritengo il linguaggio adatto a raccontare storie ai bambini ed a altri. Ma lo affermo con sicurezza perché ho dietro di me l’autorità di un grandissimo poeta, che lo ha detto in modo molto più audace: “Il grande strumento del bene morale – ha detto Shelley – è la fantasia.”

Ursula Le Guin

mercoledì 19 maggio 2010

Un tesoro di Giuseppe Pitrè:" I giochi fanciulleschi siciliani"



Introduzione alla fiaba
"Zammara, zammara portaquartari...":



Un tesoro di Giuseppe Pitré
:


i “Giuochi fanciulleschi siciliani”






233 giochi, 39 divertimenti, passatempi, esercizi, 43 giocattoli e balocchi, per un totale di 316 documenti etnografici raccolti e criticamente comparati con altri simili provenienti dalle altre regioni italiane dal grande studioso siciliano e pubblicati nell’anno 1883.

Un paziente lavoro di ricerca demografica - etnografica – la prima in assoluto in Italia - durato ben 13 anni e volto ad illustrare “… il valore e l’importanza dei giuochi e divertimenti, la loro genesi, quel che in certi giuochi sia più da vedere; quali i tipi fondamentali dei giuochi e da che cosa siano da ripetere le somiglianze e le diversità, e come molti di essi nell’Europa in generale, in Sicilia in particolare, ci abbiano conservato reliquie di antiche usanze, cerimonie, riti ed avvenimenti…”

Lavoro inserito nell’ambito di un lungimirante progetto di recupero indirizzato a “… salvare dalle ingiurie del tempo i preziosi documenti della storia intima del popolo”, dei quali, - è bene notare - già alcuni, erano passati di moda e sulla via di scomparire allora, sulla fine del secolo XIX.

Lavorare per/con gli alunni della III B su questo prezioso testo è stato non solo interessante ma anche – come dire? - “illuminante”.

Riproporre infatti ai bambini e ai ragazzi del XXI secolo, abituati ormai soltanto ai giochi virtuali, ai giochi da tavolino e ai giochi sportivi di squadra, gli antichi divertimenti popolari che i loro fratelli del XIX cominciavano già – a detta del Pitré - a dimenticare, poteva essere un azzardo, un’operazione senz’altro fallimentare, mentre invece, finalizzata ad essere trasposta sul palcoscenico, si è rivelata vincente.

I fantastici personaggi che sono venuti fuori dall’antica “conta” dei 3 giovani protagonisti, infatti, si sono caratterizzati, già nel loro stesso apparire sulla scena, come presenze buffe, surreali, sfaccettate ma facilissime da impersonare e interpretare per i miei giovani attori.

Non poteva che essere così, d’altronde perché provenivano dalla notte dei tempi, attraverso il ricordo della saggezza e della fantasia popolare ed altro non erano quindi che affascinanti personaggi archetipi: la regina, la vecchia, la bella, il furbo, la sciocca, gli animali parlanti, il folle, la chiromante, la morte…

E’ stato per me estremamente semplice “filare” una storia dipanando questa arcaica matassa.

E mi è piaciuto poter inserire in tal modo, in una fiaba per bambini e ragazzi moderni, il personaggio della morte, il solo, vero grande tabù dei nostri giorni (ma non certo di quelli dei nostri antenati…)

Questa morte dalle classiche sembianze, da mazzo dei tarocchi, per intenderci, li ha estremamente elettrizzati e il grande divertimento di impersonarla e, al contrario, di combatterla tutti insieme tentando di allontanarla, li ha impegnati e coinvolti in un gioco tragico-comico nel quale inconsapevolmente potevano scaricare paure, ansie e rimozioni.

Le vecchie, dimenticate filastrocche in dialetto hanno fornito ai bambini le parole giuste e precise, rimate, armoniosamente cadenzate sui vari ritmi della tarantella, da memorizzare magicamente in un vero batter d’occhio e da scandire, mormorare, urlare o sghignazzare, ballare, infine, scatenandosi in danze circolari liberatorie come sabba o come quelle, antichissime e famose, dei “tarantolati” del nostro Meridione.

“ L’ho già imparata, maestra!”.

“ Io la so già…”.

“ Come mai si impara così presto?”

“E’ bellissimo!”

“Ma perché è così facile?”

Queste continue esclamazioni ed interrogazioni dei miei giovani attori hanno ingenuamente accompagnato la nostra esperienza di gioco e messa in scena, nella quale spesso un buffo lapsus, un’ inattesa risata spontanea, una caduta imprevista, scaturite dalla comicità intrinseca nell’antico gioco popolare, hanno fornito spunti e improvvisazioni per una più precisa e vivida caratterizzazione dei personaggi.

Perché era così facile e divertente?

“Già… perché, cari bambini, dovete sapere che…."

E così, assaporando l'inedito piacere di riuscire a far divertire insieme i miei bambini del 2010 con giochi dimenticati di antichissimi fanciulli, ho cercato le parole adatte per rispondere ai loro stupiti perché.




Approfondimenti:

Le antiche conte:

Le conte sono filastrocche comunemente usate dai bambini per scegliere o escludere chi deve fare qualcosa in un gioco di gruppo. Le conte sono caratterizzate dal ritmo dato dalle parole ripetute, dalle rime e dagli accenti poetici. Il ritmo delle conte si può individuare meglio se, mentre le recitiamo, ci aiutiamo con il battito delle mani.


SULLE ANTICHE CONTE, ECCO QUI IL LINK DI UNA PAGINA RICERCA MOLTO APPROFONDITA, REALIZZATA DAGLI INSEGNANTI E DAI I BAMBINI DI UNA SCUOLA ELEMENTARE DI COCOMARO DI CONA (FERRARA) :

http://kidslink.bo.cnr.it/cocomaro/rhymes/z.htm


Zammara:

Dall'arabo "sabbara" ha in dialetto siciliano il significato più comune di "agave" ma, per estensione , può corrispondere anche a "canna" , per cui infatti indica il fischietto a due canne, tipico strumento musicale pastorale.
Ma poiché anche il cuscinetto che le contadine poggiavano sul capo per attutire il peso delle anfore dell'acqua era fatto di canne intrecciate, è presumibile che la misteriosa parola, abbinata nella conta a quartari (quartara), abbia piuttosto quest'ultimo significato.

Quartara
E’ un recipiente in terracotta, dalle antiche origini contadine, di medie dimensioni e fornito di due grossi manici nella parte superiore; molto simile ad una giara è stato per millenni utilizzato in Sicilia per trasportare e conservare acqua o vino.
Con il passare del tempo alle quartare di terracotta si sono affiancate quelle in lamiera, più leggere e maneggevoli, ma, essendo meno indicate per l'uso con l'acqua, venivano invece spesso usate per l'olio
L'esterno era spesso tipicamente decorato, ma quelle per l'uso giornaliero venivano lasciate esternamente grezze
Un uso particolare delle quartare era quello per cui, in occasioni di feste popolari, venivano usate come strumento musicale: soffiandoci dentro il vaso emette un suono cupo, usato come accompagnamento musicale nelle musiche popolari e folcloristiche.
Proverbi :
Tu fai manichi e quartari
("Tu fai sia i manici che le anfore": detto di chi vuol fare tutto da sé).
Tantu va 'a quartara all'acqua,o si rumpi o si ciacca'
("Tante volte va l'anfora all'acqua che o si rompe o si spacca!: detto nel senso che la pazienza prima o poi finirà).

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