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"Il fantastico è il linguaggio dell’io interiore.Non pretenderò altro per la narrativa fantastica che dire che la ritengo il linguaggio adatto a raccontare storie ai bambini ed a altri. Ma lo affermo con sicurezza perché ho dietro di me l’autorità di un grandissimo poeta, che lo ha detto in modo molto più audace: “Il grande strumento del bene morale – ha detto Shelley – è la fantasia.”

Ursula Le Guin

venerdì 18 febbraio 2011

NEL REGNO di BURLA" (con il finale . Puoi ritornare all' introduzione sul Surrealismo romantico e alla 1 parte della fiaba, postate nel giugno 2010))

Nel

regno di

Burla






Regina Ametista

Viveva una volta

nel regno di Burla



Dorindo,suo figlio,

cacciava nei boschi

dall’alba al tramonto.





Diamante & Brillante,

sorelle zitelle,

guidavan una folla di serve,

facendo ogni giorno

pulire l’intero castello…

dai tetti al suo fondo:




scopare con cura i solai,

con acqua & sapone

lavare le scale,

di cera incerare

i marmi di sale

& terrazze…



L’intero castello di Burla

Più terso del giorno,

nel sole brillava

al tramonto…



Per questo,

Dorindo

cacciava,

dall’alba al tramonto…



In salotto,

cuciva ricami preziosi

la nonna Perlina,

anch’essa regina…


Viveva in cucina

Turchina Turchese,

la cuoca abruzzese:

friggeva, bolliva,

gli arrosti infornava,

verdure & patate pelava…


Tornava al tramonto

Dorindo, al castello,

con quaglie, fagiani,

conigli, leprotti, cinghiali…

Li dava a

Agatina,

servotta in cucina,

e questa spennava,

scuoiava…





Le lepri & i conigli imbottiva

con erbe & ripieni

la cuoca Turchina.




La sera,la cena iniziava

con molte,

con molte portate

tra i ceri splendenti,

tra i peltri & gli argenti…



Rubino, il lacchè,

serviva arrosti & purè,

serviva i pasticci,

serviva le paste coi ricci,

& i frutti di mare,

le torte & le trote,

gelati & caffè…


Corallo Carollo,

gentil maggiordomo,

i vini più rari versava

nei calici d’oro…



Più tardi, si usava,

nel vasto salone,

trai marmi & cristalli,

far musica & balli…

Danzare, danzare,

girando, girando,

le ore notturne passare,

gavotte leziose

intrecciando

col ballo più strambo…



Dorindo avrebbe

voluto

trovarsi una dama,

bellissima & strana,

da amare…

ma invece

doveva intrecciare

le danze

con mamma & sorelle

zitelle…

( la nonna Perlina suonava…)



Per questo

Dorindo cacciava

dall’alba al tramonto

Sperando, cercando…



Un giorno, cacciando,

Dorindo trovò una cerbiatta

ferita, nel fondo

più fondo del bosco…

la volle pigliare…



La cerva tremava,

gemendo,

pensando di stare

morendo…



Portata al castello,

Dorindo la volle salvare

cercando di farla curare

da maga Esmeralda,

che venne

con tante sceltissime erbe…



Curata con filtri

ed impacchi,

la cerva si mise a dormire,

sognando…



Sognava di essere stata

una donna, una volta,

un’orfana timida & sola,

chiamata Corniola



Matrigna Topaziaaa

che era una fata malvagia,

l’aveva cacciata di casa,

in forma di cerva…

e, cerva,

era andata vagando,

pei boschi fuggendo,

dall’alba al tramonto…



Dorindo, al mattino,

la venne a svegliare

e intanto voleva

poterla baciare…



Regina Ametista

la volle vedere

vicino al suo trono

la fece sedere…



La sera, al castello,

nel vasto salone,

ripresero i balli,

tra marmi & cristalli..



La cerva guardava

gli altri danzare

e gli occhi suoi dolci

volgeva soltanto

a Dorindo



La nonna Perlina

la volle abbracciare,

ma quando,

riprese a suonare,

la cerva si mise a bramire…



La cerva cercava,

con gli occhi suoi grandi,

di farle capire

che avrebbe voluto

danzare…



Regina Perlina

un tempo era stata

anch’essa, una fata,

che aveva incontrato,

nel bosco, il futuro marito,

il Sire di Burla,

e l’aveva sposato…

Adesso intrecciava,

la sera, suonando,

ballate d’incanto

e, suonando,

incantava

gli specchi & la sala…



Chiamando Dorindo,

gli volle spiegare

che quella voleva

danzare…



Dorindo, affettuoso,

in braccio la volle

tenere

e danzando,

la cerva, sul capo setoso,

baciava, girando…



Poi volle guardare,

Dorindo,

gli specchi d’argento

per meglio ammirare

sé stesso & la cerva

che stava di gioia bramendo…



Nei tondi

di terso cristallo

Dorindo si vide

che stava ballando

con una fanciulla

bellissima & strana…



“Non era una cerva!”

si mise a gridare…



“Non era una cerva!

Soltanto era stato

un incanto crudele!”

gli disse sua nonna Perlina...



“Non sono una cerva?”

Si mise a pensare

la cerva Corniola

“E allora era vero!

Il sogno era stato

sincero!”…



Brillante & Diamante,

Regina Ametista

Rubino & CoralloCarollo

si misero attorno

allo specchio,

credendo, pensando

di stare sognando…


Turchina Turchese & Agatina

Uscirono dalla cucina…



La maga Esmeralda,

mandata a chiamare,

gli specchi voleva spaccare,

per spezzare l’incanto…



Ma disse la nonna Perlina:


Ma disse la nonna Perlina:

“Rimane una cerva

se rompi lo specchio!

Più saggio cercare

Un’erba, un rimedio da dare

alla cerva incantata…

Intanto, svenuta,

la cerva si era perduta

in incubi strani:

vedeva Topazia incantare,

vedeva Dorindo danzare,

vedeva il castello di Burla

brillare al tramonto…

La cerva incantata, svenendo,

aveva lasciato Dorindo

sconvolto.

Perlina & Esmeralda,

a consulto,

vedendo che quello,

adesso, piangendo,

bagnava la sala

di pianto,

chiamarono serva Agatina,

che stava asciugando…

“Le lacrime”- dissero –

“non devi asciugare:

Dorindo le deve versare,

e deve

le sale di marmo & cristallo

bagnare & allagare!”

Per giorni & per notti

Dorindo, incantato,

si mise a versare

milioni di lacrime

amare d’amore…

E intanto il castello

di Burla, allagato,

si era del tutto lavato,

dai tetti al suo fondo…

Cascate & torrenti

di acqua, le scale

e i saloni…

Perfino in cucina

la cuoca Turchina

doveva pelare

verdure & patate

in un mare…

Attorno al castello

il fossato

si era di molto allargato

e l’acqua aumentava,

nei boschi perfino

arrivava

in rivoli, in mille torrenti,

in fiumi possenti…

E il castello di Burla

sembrava,

nel mare di pianto,

un vascello

che andava…

Vivendo lontano, lontano,

la fata Topazia

sentiva

uno strano rumore:

come rombo di tuono

che stesse arrivando…

E mentre guardava

dall’alto dei tetti,

la testa crudele sporgendo

dai merli,

un mare di acqua,

rombando,

lei vide arrivare fin dentro

la torre…

E quando la torre

si mise a tremare,

franando,

Topaziaaa, cascando

si mise a gridare…

E il mare di lacrime

amare d’amore

la fece annegare

con molto dolore…

Nel mentre,

al castello di Burla,

spezzato l’incanto crudele,

d’incanto Dorindo

smetteva di colpo

il suo pianto:

una cerva riflessa

vedeva

in fondo allo specchio…

Bellissima & strana,

& bagnata,

Corniola

si ergeva

in mezzo alla sala allagata…

Le lacrime amare d’amore,

versate con molto dolore,

l’incanto avevano rotto

dell’odio più fosco!



fine





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