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"Il fantastico è il linguaggio dell’io interiore.Non pretenderò altro per la narrativa fantastica che dire che la ritengo il linguaggio adatto a raccontare storie ai bambini ed a altri. Ma lo affermo con sicurezza perché ho dietro di me l’autorità di un grandissimo poeta, che lo ha detto in modo molto più audace: “Il grande strumento del bene morale – ha detto Shelley – è la fantasia.”

Ursula Le Guin

domenica 28 dicembre 2014

Melusina

Julius Hubner "Melusine"

“Da dove credi dunque che vengano, venissero - le Melusine delle campagne dei boschi delle valli? - Le Melusine delle vecchie montagne? - Gentili fumacchi impalpabili come aerei semi - fanno da staffetta agli uomini poverelli - verso le ultime postreme stazioni confinarie… …Vengono dai piccoli pertugi neri - del tronco preistorico e secco - perlustrato dalle formiche a miriadi… …O se la campagna vede scendere la sera, - e i ciuffi i gruppi di faggi di carpini di querce - di alberi antichi stanchi strampalati - si rinchiudono neri, - allora dalle radici dei fossi escono le Melusine." »
(Dino Buzzati, Poema a fumetti)


Approfondimenti:

Guarda, assisa, la vaga Melusina, tenendo il capo tra le ceree mani,
La Luna in arco da' boschi lontani. Salir vermiglia il ciel di Palestina. Da l'alto de la torre saracina,
Ella sogna il destin de' Lusignani; e innanzi al tristo rosseggiar de' piani,
Sente de 'l suo finir l'ora vicina. Già, già, viscida e lunga, ella le braccia
Vede coprirsi di pallida squama, le braccia che fiorian sì dolcemente.
Scintilla inrigidita la sua faccia. E bilingue la sua bocca in van chiama
Poi che a 'l cuor giunge il freddo de 'l serpente.

Gabriele. D'Annunzio


fiabesca.blogspot.com/2013/05/melusina-e-melusine.html


 Melusina è la protagonista di delicate e suggestive leggende medievali e romantiche: donna-pesce bellissima che consola e inganna, guida alla giusta scelta e innamora di sé, appare e scompare dalle profondità dei laghi nelle foreste incantate, mostro soprannaturale e donna splendida, amorevole e abile, essere crudele, ma anche una sorta di dea dell’abbondanza che costruisce palazzi e colma i campi di frumento.
Esistono diverse versioni della leggenda di Melusina, che si inserisce nella tradizione medioevale dell’incontro tra fate e umani, ma la codifica definitiva si ha intorno al 1400, per  volontà di due nobili famiglie, entrambe lontane eredi dei Lusingano (antica casata francese distintasi già intorno al X° secolo), che vogliono dar lustro al proprio nome fornendo alla propria stirpe un’antenata mitica.
Intorno al 1390 il duca di Berry, erede dei castello dei Lusignano, chiede allo scrittore Jean d'Arras di stendere un romanzo che ricordi l'origine per così dire "soprannaturale " della stirpe di cui egli è erede. L'opera vedrà la luce nel 1392 e porterà il titolo di Roman de Mélusine.
Pochi anni dopo a Partenay, non lontano da Lusignano, il signore del luogo ‑ anch'egli discendente dei Lusignano ‑ incarica il suo cappellano Couldrette di redigere un'opera in versi sullo stesso tema.

Il protagonista, Raimondino, mentre è a caccia nella foresta di Colombiers, uccide per errore suo zio. Sconvolto dall'accaduto si rifugia in un bosco e presso una fonte si imbatte in tre fanciulle. Una di queste, rispondente al nome di Melusina, gli rivela di essere al corrente dell'incidente occorsogli e di poterlo aiutare, offrendosi di sposarlo, a patto che lui non cerchi mai di vederla il sabato. Poiché la ragazza è di splendido aspetto, Raimondino è lieto di accettare. Il matrimonio è assai felice e prospero: nascono numerosi figli e la prosperità della coppia sembra riversarsi anche sui possedimenti della famiglia, nei quali si accresce la produzione agricola e sorgono nuovi castelli. Tuttavia, il fratello dello sposo sparge voci malevole sulle misteriose assenze della giovane, tanto da indurre al sospetto persino Raimondino, che infrange il tabù. La ragazza, mutatasi in serpente, scompare per sempre nel regno delle acque, e ricomparirà solo di tanto in tanto come presagio di sciagure, ma i suoi figli daranno gran lustro alla stirpe da lei fondata.
La funzione di Melusina per la stirpe che la rivendica come antenata è quella di un’antica  divinità della Madre Terra, che porta la fecondità e la prosperità: il semplice suo passaggio in un bosco crea radure e campi da seminare, portando dunque la civiltà degli uomini lì dov'era il confine con il mondo delle belve e degli esseri non‑umani.
Ma la spiegazione più interessante e degna di nota del mito di Melusina è quella offerta dai medievalisti Jacques Le Goff e Emmanuel Le Roy Ladurie per i quali alla base ci sarebbero racconti mitologici greco‑romani, protagoniste dei quali sono spesso le ninfe, creature semidivine. La cristianizzazione dell'impero conduce a una demonizzazione delle divinità dell'antico Pantheon pagano, che tuttavia rimangono ben vive nell'immaginario e spesso nel culto popolare anche perché si legano a substrati cultural‑religiosi ben più antichi della colonizzazione romana, come i miti celtici. E quando, a partire dal XII secolo, le credenze popolari cominciano ad essere riprese e codificate dalla cultura letteraria, si incontrano numerosi rimaneggiamenti di tali leggende.
Il nome di Melusina è altresì associato all'opera di Paracelso, per il quale essa è analoga di Ninfe e Sirene e vive nell'”Aquaster”, il principio acqueo, il principio psichico quasi materiale legato al lunare, dal quale verrebbe anche Maria. Melusina è da un lato una visione psichica, ma è anche, tenuto conto della capacità di realizzazione immaginativa della psiche (detta "Ares" da Paracelso), una distinta entità obiettiva, come un sogno che diventi realtà per un attimo. Melusina è simbolo dell’anima che appartiene a quei fenomeni di frontiera che si verificano in particolari condizioni psichiche. Nelle circostanze di un crollo di valori, quando sul futuro si fa il buio, Melusina giunge come presenza reale e soccorrevole: l'inconscio appare come visione mentale, e Melusina emerge dal reame delle acque assumendo sembianze umane, per poi scomparire di nuovo.  Essa aiuta, ma anche inganna. E' parente dell'ingannevole Morgana (che significa "nata dal mare"), di Afrodite e di Ishtar. Ishtar era rappresentata in epoca ellenistica come sirena a due code ed era legata alle feste nuziali di Maggio. E a Maggio avvengono le nozze mistiche o chimiche degli alchimisti: e l'anima si ricongiunge con lo spirito.  


Le fiabe di Andrew Lang

.(elaborazione grafica di AlevBlack)


"Molti anni fa il mio amico e editore, Mr. Charles Longman, mi offrì Le Cabinet des Fées (Il gabinetto delle fate). Quest'opera richiede quasi uno scaffale girevole per la sua collocazione, come l'Enciclopedia britannica, e io ho dedicato ai volumi uno scaffale girevole. Circostanze di carattere intimamente domestico, "non interamente disgiunte", come avrebbe detto Mr. Micawber, dall'angustia del mio studio (nel quale è impossibile "far dondolare un gatto"), al momento vietano lo scaffale girevole. Vedo, comunque, che Il gabinetto delle fate è composto infine di cinquanta volumi e penso siano sessanta in tutto. Questa grande pienezza di favole dai quattro angoli del mondo offre leggende di fate, streghe, geni, mostri, draghi, matrigne malvagie, principesse graziose o insignificanti, principi fortunati o sfortunati, giganti, nani e incantesimi. Le storie cominciano con quelle che i bambini più amano - la vecchia Barbablu, Il gatto con gli stivali, Pollicino, Cappuccetto Rosso, La bella addormentata e Rospi e perle. Esse furono raccolte , scritte e stampate a Parigi nel 1697. L'autore era Monsieur Charles Perrault, un personaggio famoso con una grande parrucca, che ai suoi tempi scrisse poderosi volumi che nessuno più legge. Non si sarebbe mai sognato che l'avrebbero ricordato principalmente per lo striminzito libretto con le minuscole immagini nel frontespizio - come non diversamente il leggiadro modo di disegnare di Mr. Ford, che diceva di essere noto come "Oltre-il-muro-Ford" tra gli autori che giocano a cricket, per la forza con cui colpiva (1). Perrault scelse le storie rustiche che la balia era solita raccontare a suo figlio e le narrò di nuovo alla sua raffinata, arguta maniera. Sembra non siano state tradotte in inglese se non quasi trent'anni più tardi, quando furono pubblicate in Inghilterra, con il testo francese a fronte, da un certo Mr. Pote, un libraio di Eton. Probabilmente i più giovani ragazzi di Eton impararono da queste favole più lingua francese di quanto si degnassero di acquisire da queste favole, che certamente erano più interessanti del Telemaco di François de Salignac de la Motte-Fénelon, precettore dei bambini francesi, arcivescovo duca di Cambrai e principe del Sacro Romano Impero.
Il successo di Perrault si fondava sul piacere che la corte di Luigi XIV traeva da queste storie; sappiamo che venivano narrate tra le dame di corte da una lettera di Madame de Sévigné. Naturalmente Perrault ebbe degli imitatori, come Madame d’Aulnoy, una dama errabonda con più spirito che reputazione. Dobbiamo a lei La bella e la bestia e Il nano giallo. Anthony Hamilton si cimentò in L'ariete, una storia troppo prolissa e confusa, ricordata piuttosto per la nota, "Ariete, amico mio, comincia dall'inizio!" In effetti lo stile narrativo dell'ariete manca di lucidità! Poi venne Le notti arabe, tradotto da Monsieur Galland. Nessuno le ha tradotte bene come lui. La sua è il contrario di un'interpretazione letterale, ma si legge piacevolmente come si farebbe con l'Iliade e l'Odissea se Alexandre Dumas avesse mantenuto la promessa di tradurre Omero. Galland omise i versi e un gran numero di passaggi che nessuno avrebbe tralasciato, sebbene l'antropologo le abbia ritenute preziose e istruttive in successive traduzioni letterali che non divertono. Successivamente, fiabe persiane, storie del mare e invenzioni originali, o più o meno sul modello delle favole, furono composte da uomini e donne diligenti. Sono decisamente troppo lunghe - sono romanzi, in effetti, e non soddisfarebbero un bambino o un adulto di buongusto. Sono state raccolte tutte nell'ampio Gabinetto delle Fate, pubblicato nel 1786, appena prima della Rivoluzione. Probabilmente il loro tentativo di essere semplici ha incantato una società che era estremamente artificiosa, parlando di "vita semplice" e di "condizione di natura", il tutto alla vigilia di una rivoluzione nella quale la natura umana ha manifestato i propri tratti più primitivi in bagni di sangue.
È stata la fine della corte e delle storie di corte sulle fate, e proprio appena furono distrutte, uomini colti come i fratelli Grimm e Sir Walter Scott cominciarono a interessarsi alle storie popolari di contadini e selvaggi in tutto il mondo. E in tutto il mondo le storie sono state essenzialmente le stesse. Cenerentola è dappertutto; Miss Cox ha scritto un intero libro su Cenerentola, ed è un ottimo libro, ma non interessa ai bambini. Per loro le migliori raccolte di storie straniere sono le fiabe tedesche dei Grimm, le Fiabe dalla Norvegia di Sir G.W.Dasent, (che alcuni insani "adulti" ritengono "sconvenienti") e le storie indiane di Miss Frere. Ci sono centinaia di raccolte di favole su contadini e selvaggi, ma, sebbene molte di esse siano piuttosto interessanti, specialmente le storie zulu del vescovo Callaway (con le traduzioni zulu), esse non hanno presa su genitori e zii e pertanto non ne hanno sui bambini. Desidero che i bambini abbiano la possibilità di scegliere i loro libri. Lasciate che gli amici diano loro del denaro e fate che si perdano in una libreria! Conoscono i propri gusti, e se i bambini sono nati appassionati di lettura, mentre i loro genitori sono l'opposto, (e ciò accade!), allora faranno la scelta migliore. Sono spontanei nelle loro scelte; alcuni vogliono Shakespeare, altri preferiscono il libro di Buster Brown. Pochi -ahimè assai pochi!- sono appassionati di poesia, un numero ancor minore di storia. "Sappiamo che non sono favole, le vicende di storia sono vere!" dicono quei piccoli innocenti. Non sono tanto sicuro che non siano favole, e sono abbastanza consapevole che le migliori "vicende di storia" non siano vere.
Ciò che i bambini amano sono le storie di fantasmi. "Raccontaci una storia di fantasmi!" gridano, e io sono in grado di soddisfare la richiesta, con la quale sono in autentica sintonia. Solo un forte autocontrollo mi impedisce di narrare l'ultima vera storia di fantasmi che ho udito ieri. Darebbe piena soddisfazione ai bambini. "Il libro Grigio delle storie di fantasmi" sarebbe il prediletto. In giovanissima età ho letto parecchie pubblicità di libri e ho pianto per non poterne avere a dozzine, e qualcuno mi ha dato un libro di botanica! L'ho osservato bene, graziosamente rilegato in verde, ma all'interno era pieno di ogni genere di tediosità.
Nel nostro gabinetto delle fate, che non arriva a sessanta volumi, ci siamo proposti di piacere ai bambini, non agli "adulti", ai quali i vecchi scrittori francesi hanno indirizzato i loro romanzi, ma siamo andati a caccia alle storie in ogni angolo del mondo, non solo in Europa. In questo volume, iniziamo, grazie al Dr. Ignaz Künos con una favola dalla Turchia. Il piccolo re Loc è una creazione di Anatole France, il quale ha cortesemente permesso a Mrs. Lang di adattarla da L'ape.
Il maggiore Campbell, come in precedenza, narra storie che ha raccolto tra gli Indiani. Le fonti sono generalmente citate alla fine di ogni storia e quando non lo sono i bambini non se ne accorgeranno. Salvo casi menzionati, Mrs. Lang ha tradotto e adattato per i giovani lettori il grosso della collezione, e Mrs Skovgaard-Pedersen ha tradotto Il cavaliere verde dal danese. Devo ringraziare specialmente Monsieur Macler per averci permesso di usare alcuni delle sue Fiabe armene (Parigi, Ernest Leroux editore)."
 Andrew: Lang , etnologo e scrittore inglese (Selkirk, Scozia, 1844-Banchory, Aberdeenshire, 1912)

.http://www.google.it/url





Le cabinet des fées


L'avvento di Luigi XIV vede sbocciare in Francia e poi espandersi in una meravigliosa fioritura un genere letterario del tutto nuovo, la Fiaba o Racconto di Fate. Come meravigliarsene, se si pensa a un giovane sovrano capace di abbattere, come per incanto, una foresta che non gli piace facendo sorgere al suo posto un lago dai mille zampilli o di far costruire, in un batter d'occhio, il piccolo Trianon di porcellana che sfortunatamente non c'è più? In quegli anni, il «fatismo» divenne una vera mania: dame e cavalieri – ma soprattutto dame – gareggiavano a chi più sapientemente avrebbe sbrigliato la fantasia e anche più tardi, quando con la presenza di Madame de Maintenon e dei suoi costumi severi, il gran galoppo delle fiabe si fu calmato, anche allora e per molti anni si continuò in Francia a favoleggiare. Fu così che, fra il 1785 e il 1789, cento anni dopo la loro entrata nel mondo delle lettere, tutte quelle fiabe vennero pubblicate per la prima volta ad Amsterdam e a Ginevra e raccolte sotto il titolo di Cabinet des Fées ou Collection choisie des contes des Fées et autres contes merveilleux (Lo Scrigno delle Fate o Collezione scelta di racconti di Fate e altri racconti meravigliosi) Il mondo dei racconti di Perrault è il mondo fiabesco e meraviglioso della corte del Re Sole, con le sue feste, i suoi palazzi, i suoi costumi sfarzosi. Tratti dalla tradizione popolare e forse anche da fonti letterarie quali Le piacevoli notti dello Straparola, i Racconti, che trovarono molti imitatori e soprattutto imitatrici, si distinguono per la semplicità e la grazia dello stile per la freschezza del tono, appena un po' guastata dalle seppur argute "morali" finali. In italiano sono stati tradotti, fra gli altri, dal Collodi


Il regno di Luigi XIV vide nascere, svilupparsi e poi far finta di scomparire un genere letterario che lo illustra più d'ogni altro: quello dei racconti di fate. Colui che era destinato a divenire il Re Sole, nato come per miracolo dopo ventidue anni di speranze deluse, come avrebbe potuto non amare quelle fate che avevano presieduto alla sua nascita? L'infanzia e il meraviglioso vanno evidentemente molto d'accordo, ma l'infanzia d'un principe come lui è il meraviglioso realizzato; e ciò non solo perché un compagno di giochi gli offre, fra tanti splendidi balocchi, un cannoncino d'oro tirato d'un guardaroba inimmaginabile - brache di scarlatto ornate di galloni d'argento, cappelli piumati... - e neppure perché, fino a sette anni, lo si addormenta la sera raccontandogli quelle "storie di Pelle d'Asino" che tanto gli piacciono e che si prolungheranno nei suoi sogni; ma anche perché le arti, le scienze, la storia in generale concorrono al successo d'un genere il quale non aspettava che il suo momento per nascere e fiorire 


Qui il link di tutti i racconti delle fate tradotti dal francese da Carlo Collodi;
http://www.google.it/url…


giovedì 17 luglio 2014

CORALBA ( piccola fiaba filosofica)




Era solo una principessa di carta, ma con i suoi aerei pizzi che le spumeggiavano attorno, la più bella, dolce e fragile e leggera che voi poteste immaginare! Era stata fantasiosamente disegnata, dipinta e poi accuratamente ritagliata dalle mani fatate di una vecchia signora in pensione che non si era tinta i capelli bianchi di arancione e portava perfino la collana di perle, ma nondimeno era un’artista originale che amava lavorare in una minuscola bottega di stile quasi ottocentesco col più delicato ed effimero dei materiali.
In estate, in primavera o in certe belle mattinate d’inverno, nella vecchia bottega della carta la luce del sole filtrava sempre dolcemente attraverso i piccoli vetri per metà smerigliati e allora un alone rosato si riverberava su di lei e su tutte le sue sorelle allineate tra i fiori di carta crespa, le maschere di cartapesta e i meravigliosi origami. Ma quando fuori pioveva o c’era nebbia o tirava vento, la luce nella bottega si faceva quasi verde e il cuore di carta della principessa crepitava di tristezza perché si sentiva sola, e piccola e quasi bagnata nella tempestosa umidità che si intuiva trapelare da là fuori, dal gran mondo sconosciuto aldilà dei vetri.
“Come sarà mai questo gran mondo là fuori?” Si chiedeva Coralba16 sbigottita, “Come farò ad affrontarlo se qualcuno un giorno mi vorrà e mi porterà con sé, tutta avvolta in un sacchetto di carta lilla con la scritta Coralba in violetto?”
Coralba, come avrete capito, era il nome della bottega quasi ottocentesca della signora con la collana di perle e Coralba16 era il suo, di nome, e le stava davvero bene anche se non posso nascondervi che anche le sue sorelle si chiamavano così e, se si differenziavano tra di loro, era solo per il diverso numero: 17, 18, 19 e così via … e che insomma tutti gli altri “articoli” del negozio, fiori di carta crespa, maschere di cartapesta, origami, pupazzi e burattini, maschi o femmine che fossero, oppure di genere neutro, avevano lo stesso bel nome scritto su un cartellino, seguito da un esatto, preciso numerino. A tutti andava bene, tranne lei, la nostra principessa timida e curiosa che ambiva vagamente a un nome tutto suo:...
(continua)