Julius Hubner "Melusine"
“Da dove credi dunque che vengano, venissero - le Melusine delle campagne dei boschi delle valli? - Le Melusine delle vecchie montagne? - Gentili fumacchi impalpabili come aerei semi - fanno da staffetta agli uomini poverelli - verso le ultime postreme stazioni confinarie… …Vengono dai piccoli pertugi neri - del tronco preistorico e secco - perlustrato dalle formiche a miriadi… …O se la campagna vede scendere la sera, - e i ciuffi i gruppi di faggi di carpini di querce - di alberi antichi stanchi strampalati - si rinchiudono neri, - allora dalle radici dei fossi escono le Melusine." »
(Dino Buzzati, Poema a fumetti)
Approfondimenti:
Guarda, assisa, la vaga Melusina, tenendo il capo tra le ceree mani,
La Luna in arco da' boschi lontani. Salir vermiglia il ciel di Palestina. Da l'alto de la torre saracina,
Ella sogna il destin de' Lusignani; e innanzi al tristo rosseggiar de' piani,
Sente de 'l suo finir l'ora vicina. Già, già, viscida e lunga, ella le braccia
Vede coprirsi di pallida squama, le braccia che fiorian sì dolcemente.
Scintilla inrigidita la sua faccia. E bilingue la sua bocca in van chiama
Poi che a 'l cuor giunge il freddo de 'l serpente.
Gabriele. D'Annunzio
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Melusina
è la protagonista di delicate e suggestive leggende medievali e romantiche:
donna-pesce bellissima che consola e inganna, guida alla giusta scelta e
innamora di sé, appare e scompare dalle profondità dei laghi nelle foreste
incantate, mostro soprannaturale e donna splendida, amorevole e abile, essere
crudele, ma anche una sorta di dea dell’abbondanza che costruisce palazzi e
colma i campi di frumento.
Esistono
diverse versioni della leggenda di Melusina, che si inserisce nella tradizione
medioevale dell’incontro tra fate e umani, ma la codifica definitiva si ha
intorno al 1400, per volontà di
due nobili famiglie, entrambe lontane eredi dei Lusingano (antica casata
francese distintasi già intorno al X° secolo), che vogliono dar lustro al
proprio nome fornendo alla propria stirpe un’antenata mitica.
Intorno
al 1390 il duca di Berry, erede dei castello dei Lusignano, chiede allo
scrittore Jean d'Arras di stendere un romanzo che ricordi l'origine per
così dire "soprannaturale " della stirpe di cui egli è erede.
L'opera vedrà la luce nel 1392 e porterà il titolo di Roman de Mélusine.
Pochi
anni dopo a Partenay, non lontano da Lusignano, il signore del luogo ‑
anch'egli discendente dei Lusignano ‑ incarica il suo cappellano
Couldrette di redigere un'opera in versi sullo stesso tema.
Il
protagonista, Raimondino, mentre è a caccia nella foresta di Colombiers, uccide
per errore suo zio. Sconvolto dall'accaduto
si rifugia in un bosco e presso una fonte si imbatte in tre fanciulle. Una
di queste, rispondente al nome di Melusina, gli rivela di essere al corrente
dell'incidente occorsogli e di poterlo aiutare, offrendosi di sposarlo, a patto
che lui non cerchi mai di vederla il sabato. Poiché la ragazza è di splendido
aspetto, Raimondino è lieto di accettare. Il matrimonio è assai felice e
prospero: nascono numerosi figli e la prosperità della coppia sembra riversarsi
anche sui possedimenti della famiglia, nei quali si accresce la produzione
agricola e sorgono nuovi castelli. Tuttavia, il fratello dello sposo sparge voci
malevole sulle misteriose assenze della giovane, tanto da indurre al sospetto
persino Raimondino, che infrange il tabù. La ragazza, mutatasi in serpente,
scompare per sempre nel regno
delle acque, e ricomparirà solo di tanto in tanto come presagio di sciagure,
ma i suoi figli daranno gran lustro alla stirpe da lei fondata.
La
funzione di Melusina per la stirpe che la rivendica come antenata è quella di
un’antica divinità della Madre
Terra, che porta la fecondità e la prosperità: il semplice suo passaggio in un
bosco crea radure e campi da seminare, portando dunque la civiltà degli uomini
lì dov'era il confine con il mondo delle belve e degli esseri non‑umani.
Ma
la spiegazione più interessante e degna di nota del mito di Melusina è quella
offerta dai medievalisti Jacques Le Goff e Emmanuel Le Roy Ladurie per i quali
alla base ci sarebbero racconti mitologici greco‑romani, protagoniste dei
quali sono spesso le ninfe, creature semidivine. La cristianizzazione
dell'impero conduce a una demonizzazione delle divinità dell'antico Pantheon
pagano, che tuttavia rimangono ben vive nell'immaginario e spesso nel culto
popolare anche perché si legano a substrati cultural‑religiosi ben più
antichi della colonizzazione romana, come i miti celtici. E quando, a partire
dal XII secolo, le credenze popolari cominciano ad essere riprese e codificate
dalla cultura letteraria, si incontrano numerosi rimaneggiamenti di tali
leggende.
Il nome di
Melusina è altresì associato all'opera di Paracelso, per il quale essa è
analoga di Ninfe e Sirene e vive nell'”Aquaster”, il principio acqueo, il
principio psichico quasi materiale legato al lunare, dal quale verrebbe anche
Maria. Melusina è da un lato una visione psichica, ma è anche, tenuto conto
della capacità di realizzazione immaginativa della psiche (detta "Ares"
da Paracelso), una distinta entità obiettiva, come un sogno che diventi realtà
per un attimo. Melusina è simbolo dell’anima che appartiene a quei fenomeni
di frontiera che si verificano in particolari condizioni psichiche. Nelle
circostanze di un crollo di valori, quando sul futuro si fa il buio, Melusina
giunge come presenza reale e soccorrevole: l'inconscio appare come visione
mentale, e Melusina emerge dal reame delle acque assumendo sembianze umane, per
poi scomparire di nuovo. Essa
aiuta, ma anche inganna. E' parente dell'ingannevole Morgana (che significa
"nata dal mare"), di Afrodite e di Ishtar. Ishtar era rappresentata in
epoca ellenistica come sirena a due code ed era legata alle feste nuziali di
Maggio. E a Maggio avvengono le nozze mistiche o chimiche degli alchimisti: e
l'anima si ricongiunge con lo spirito.